di Eraldo Di Vita

 

In molti hanno già parlato, con dovizia di particolari, dell’arte e della tecnica pittorica di Luigi di Tullio. Io vorrei, invece, soffermarmi sulle intuizioni di un poeta della pittura, quello che sa dedicare versi ad un quadro, come Verlaine faceva per un grande amore:

“A vous ces vers, de par la grace consolante de vos grands yeux, ou rit et pleure un reve doux”
“A te queste parole, per la consolatrice grazia dei tuoi grandi occhi, dove un tenero sogno ride e piange”

Io non voglio studiare l’opera di Luigi di Tullio dal lato abituale della critica pittorica, ma da quello poetico, in quanto la poesia aspira a riportarci all’innocenza, allo stato puro. Questo artista cerca, con struggente passione, di percepire e rendere visibili l’emozione e la ragione per la quale dipinge, come quelle di scrivere una poesia d’amore. Per questo le sue opere vanno lette come un “diario” o una “raccolta di versi”, come la cronaca di un’intelligenza e di una volontà cerebrale e a volte provocatoria.

La sua funzione nella società non è soltanto decorativa, ma tende a dilatare le dimensioni delle sue competenze. Per lui creare è vedere e il suo pensiero non può che affidarsi alle immagini, in quanto le immagini sono il suo pensiero, da ciò l’esigenza di ampliare il senso della poesia come momento assoluto della creazione, dell’intuizione finalmente intuita.

L’intuizione e la concettualità sono i fondamenti dell’arte e della poesia dell’opera di Luigi di Tullio; l’intuizione che scandaglia l’inconscio collettivo, producendo un linguaggio estetico originario a somiglianza speculare dell’originario poetico che è in noi e che ci consente di porci di fronte all’opera d’arte stessa che ha lo scopo di sensibilizzare e commuovere il fruitore alla scoperta dell’evento, del concetto dell’opera e del contenuto originario poetico che riesce ad emozionarlo.

Le opere di questo artista hanno un linguaggio analogico che consente di rendere visibile sia il contenuto dell’opera stessa, sia il gesto inteso come passaggio tra realtà e poesia, di cogliere la poesia attraverso le forme, di rendere visibile l’invisibile, di comprendere il cammino che l’artista percorre, quello dell’interiorità, dell’intuizione e dell’inconscio.

Luigi di Tullio dipinge le favole e le poesie, poiché la dimensione della favola è la condizione indispensabile perché possa esserci la poesia. Dal momento che la favola ha sempre un contenuto poetico, l’arte è il suo linguaggio, quindi la condizione visibile della poesia. La sua è poesia visibile nelle sue opere e il contenuto della sua poesia stessa non è la realtà fisica ma quella psichica, quella dell’anima.

Come la musica non si presta ad essere vista, la pittura non può essere trasformata in suono, ma ha un suo linguaggio muto ed è capace di prenderci per mano per condurci sul cammino della poesia. Questo è il compito di Luigi di Tullio, quello di poter rispondere con le sue opere ai suoi ed ai nostri quesiti esistenziali, di permetterci di vivere il meno infelicemente possibile, di aiutarci ad avvicinare le nostre labbra al calice puro ed inebriante della poesia.

Percorrendo la traiettoria e il tracciato psico-culturale che porta questo artista dalle “attrattive”, i “rilievi”, le “appartenenze” ai “totustuus”, che hanno caratterizzato la sua produzione artistica fino ad oggi, si intuisce che tutte queste opere hanno il potere di condurci nel “mare della tranquillità”, avvolto da quella nube schiumosa e protettiva che emerge dalla superficie dei suoi quadri.

Le opere di questo artista sono un impulso intellettuale alla contemporaneità, dei contenitori di emozioni, che si possono conservare racchiuse in uno scrigno o centellinare a nostro piacimento. I quadri di Luigi di Tullio sono dei “paesaggi” culturali e dell’anima, nei quali gli attori principali interpretano i ruoli di due personaggi comprimari, quello della materia e dello spirito e quello della materia e dell’antimateria. In questi paesaggi non c’è il cielo, non c’è la terra, non c’è il mare, ma c’è un tutto inscindibile, come sono inscindibili gli organi del corpo umano. L’insieme è il grande palcoscenico in cui i personaggi si muovono come se fossero immersi nelle sabbie mobili o in terre vulcaniche, oppure in liquidi vischiosi e monocromatici.

Ecco come diventano comprensibili a tutti le opere di questo poeta, non tanto ermetico quanto quello che si “illuminava d’immenso” e che in queste due parole racchiudeva il senso della poesia universale, quel senso che oggi “illumina d’immenso” la poesia visiva di Luigi di Tullio.

Eraldo Di Vita